E’ l'aspetto antiestetico che avvicina il paziente al dermatologo. Infatti non sono presenti sintomi soggettivi nè effetti sullo stato generale: la salute del soggetto è buona. La cute talora sgradevole alla vista contrasta quindi con la benignità della malattia che ha un nome curioso: la Pityriasis versicolor
La Pityriasis versicolor deve il suo nome (versicolor) alla presenza di macchie multicolori: infatti accanto alla varietà acromizzante (chiazze biancastre) che raccoglie circa la metà dei casi ed è particolarmente evidente nei soggetti a cute scura e dopo l'esposizione al sole, si possono osservare la varietà bruna (chiazze color bruno-camoscio, caffè-latte) e la varietà eritematosa (chiazze rosate). Tali quadri clinici sono presenti nella maggioranza dei casi singolarmente; talora, molto più raramente, coesistono nella stesso paziente (soggetti a cute chiara non esposta al sole), dando origine alla varietà variopinta.
Accanto al colore, le macule di Pityriasis versicolor, in fase attiva e non trattate, sono caratterizzate dalla presenza sulla superficie di minute squame che assomigliano a crusca (da cui il nome Pityriasis, dal greco pituron=crusca) che possono essere facilmente rimosse senza emorragia con un colpo d'unghia od una curette smussa (cosiddetto «segno del colpo d'unghia» - «scratch sign» per gli anglosassoni, «signe du coup d'ongle» per i francesi - oppure «segno del truciolo» - «chip sign», «signe du coupe au» ).
Le dimensioni delle macchie possono variare da pochissimi millimetri (1-2) a qualche centimetro (con forme ovalari o rotondeggianti); il numero degli elementi da pochi a decine e decine; l'estensione da localizzata ad un segmento cutaneo o generalizzata su di una grande area cutanea.
Tipicamente le sedi più comunemente interessate sono la parte superiore del tronco e del dorso e il collo. Meno frequentemente il viso (lungo l'attaccatura dei capelli), gli arti superiori ed inferiori, le pieghe cutanee (cavi ascellari, inguine, piega del gomito, cavo popliteo, solchi sottomammari), il pube, il pene, il seno.
L'agente causale della malattia (denominato Malassezia furfur, Pityrosporum orbicolare, Pityrosporum ovale) è un lievito lipofilo e lipido-dipendente (ossia necessita di grassi per vivere), saprofita della cute (ossia vive a spese della cute senza danneggiarla) ed in particolare del follicolo pilifero, presente in un'altissima percentuale della popolazione sana.
Poiché relativamente modesta è la percentuale di persone affette da Pityriasis versicolor rispetto ai portatori asintomatici (ossia senza manifestazioni cliniche di malattia) occorre che vi siano fattori favorenti che inducano il passaggio del lievito da saprofita a parassita patogeno (in questo caso vive a spese della cute danneggiandola).
Innanzitutto è da porsi l'assunto di una predisposizione genetica. Infatti in contrasto con la scarsa o nulla contagiosità del lievito (come è dimostrato dalle numerosissime coppie in cui la moglie od il marito ha la Pityriasis versicolor. mentre l'altro coniuge ne è esente), non è raro osservare nuclei familiari della medesima discendenza ammalati.
Su questo carattere individuale fondamentale se ne inseriscono altri, chiaramente favorevoli:
1) i lipidi (grassi) cutanei (come detto in precedenza il lievito si nutre di grassi), sia di produzione delle ghiandole sebacee sia derivanti dalla decomposizione delle cellule della cute;
2) la secrezione sudorale influenza la crescita poiché, come ogni altro fungo, il Pityrosporum ha bisogno di umidità per crescere;
3) il clima caldo-umido, tipico delle regioni tropicali.
A) le zone colpite dalla malattia siano quelle in cui sono presenti le ghiandole sebacee, ossia tutto il corpo tranne le piante dei piedi e le palme delle mani (vedi punto 1);
B) siano affetti maggiormente soggetti con abbondante sudorazione, oppure persone che frequentino luoghi in cui essa sia stimolata (saune, lavanderie, palestre, ecc.) oppure indossino indumenti sintetici che mantengono umida la pelle (vedi punto 2);
C) nel nostro paese sia tipica la periodicità estiva (vedi punto 3): il clima caldo-umido estivo infatti stimola la sudorazione (vedi B) e la produzione di melanina, responsabile dell'abbronzatura e quindi di quel contrasto cromatico che è alla base dell'inestetismo della malattia.
Nella diagnosi dell' affezione bisogna tener conto che non tutte le macchie bianche della cute sono Pityriasis versicolor. Capita spesso infatti che si presentino a visita persone erroneamente convinte di avere tale malattia. Ricordiamo ad esempio che la Vitiligine, la Pityriasi alba (tipica del volto dei bambini), le Acromie lenticolari idiopatiche (presenti alle gambe di persone di età matura, specie se con precedenti di prolungate esposizioni solari), le discromie che talora seguono l'abbronzatura simulano talora Pityriasis versicolor
In quest'ottica è utile un semplicissimo esame che si esegue in una camera buia con l'ausilio di una particolare lampada a raggi ultravioletti (D. V.), la lampada di Wood; rivolta, a breve distanza, sulla cute del paziente, evidenzia eventuali lesioni di Pityriasis versicolor poiché esse emettono una inconfondibile e tipica fluorescenza giallo-verdastra che permette altresì di scoprire macchie peraltro invisibili a occhio nudo.
Regole fondamentali di una buona terapia topica sono:
A) applicare il prodotto non solo sulle macchie ma su tutta la superficie corporea;
B) non giudicare l'efficacia della terapia sulla scomparsa delle chiazze chiare: questo avverrà col tempo;
C) non è necessario sterilizzare gli indumenti e non sono necessarie terapie di ordine profilattico per i conviventi data la non contagiosità della malattia;
D) al termine della terapia sarebbe necessario un controllo con la lampada di Wood;
E) un ciclo di cura non ha efficacia perenne, data la tendenza a ripetersi della Pityriasis versicolor
F) le cure e gli accertamenti clinici devono preferibilmente essere opera dello specialista dermatologo.
La terapia della Pityriasis versicolor si basa essenzialmente sull'uso di sostanze da applicare sulla cute (fenticonazolo, tioconazolo, ciclopiroxolamina, chetoconazolo ecc.); la terapia orale (chetoconazolo) è da limitarsi a forme particolarmente estese, resistenti a trattamenti locali e da effettuarsi sotto stretto controllo medico.
A prescindere da creme, soluzioni o schiume, in uno studio da noi condotto (1) lo zincopiritione ha dimostrato ampia validità: curarsi con il semplice lavaggio sotto la doccia si è dimostrato ben accettato dai pazienti.
Infine un appunto conclusivo, ad indicare come lo studio di una malattia possa portare novità terapeutiche per altre. Infatti una autorevole collega italiana, valutando le modalità di formazione delle macchie chiare di Pityriasis versicolor, giunse alla scoperta dell'acido azelaico, sostanza in grado di bloccare la formazione di melanina, ossia della sostanza responsabile della abbronzatura. Tale prodotto viene oggi utilizzato come «schiarente» di varie forme pigmentarie della cute (cloasma, melanodermie post-infiammatorie ed altre sino alla lentigo maligna) ed ultimamente anche nell' acne.
Luciano Schiazza dermatologo
pubbliocazione del 1980
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