I progressi della scienza sono notevoli ed in continua evoluzione sia per quanto riguarda la conoscenza della MST e le metodiche di accertamento, sia per i nuovi farmaci introdotti od in sperimentazione che hanno cambiato o stanno contribuendo a cambiare l'epidemiologia delle stesse.
In questa monografia ci proponiamo di indicare i criteri utili al riconoscimento delle MST più frequenti in Italia.
Come premessa è opportuno sottolineare come sia importante non sottovalutare qualsiasi manifestazione dell' area genitale; non sempre la patologia in tale area è di origine venereologica (ossia contratta attraverso un rapporto sessuale), ma una precoce valutazione dello specialista dermatologo ne permette una eventuale esclusione e comunque un preciso, corretto ed accurato inquadramento, utile anche ad evitare incongrui ed impulsivi trattamenti personali.
MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI ( M S T )
Veneree
Sifilide
Blenorragia (uretrite gonococcica)
Ulcera molle
Linfogranuloma inguinale
Granuloma venereo
Paraveneree
(la modalità di trasmissione non è esclusivamente per via sessuale )
Virus
uretriti aspecifiche
herpes simplex
condilomi acuminati
mollusco contagioso
epatite virale
AIDS
Protozoi
tricomoniasi
Miceti
candidiasi
Parassiti
scabbia
pediculosi
Uretriti
Con uretrite indichiamo un processo infiammatorio a carico dell'uretra (è il canale che collega la vescica con l'esterno) il cui sintomo evocatore è rappresentato da secrezione di materiale liquido di vario colore, odore e consistenza.
Non sempre la secrezione e indice di malattia. Infatti esistono secrezioni in cui tale reperto fa seguito a rapporti sessuali oppure si manifesta all'atto dell'urinare o defecare (materiale prostatico -prostatorrea- o spermatico -spermatorrea- ).
In altri casi invece essa è indicativa di un essere non infettiva o infettiva.
Le forme non infettive sono spesso conseguenza di minimi traumatismi all’uretra quali l'uso del catetere, la presenza di calcoli renali, l’andare in bicicletta, in moto e a cavallo ecc ..
Le forme infettive si suddividono in due gruppi: gonococciche e non gonococciche.
Uretrite Gonococcica
E' la forma più conosciuta di uretrite, variamente indicata con i nomi di: gonorrea, blenorragia, o volgarmente scolo.
E' causata da un batterio denominato neisseria (dallo scopritore Albert Neisser) gonorrhoeae (dalle parole greche "gonos" = seme e "reo" = scorro ossia perdita di materiale purulento dagli organi genitali, da cui il termine gonorrea).
L'uomo rappresenta il solo ed unico ospite naturale. L'uretra non è la sola localizzazione del microrganismo il quale è in grado di colonizzare anche le mucose della cervice uterina, del canale ano-rettale, del faringe e della congiuntiva.
L'epidemiologia della malattia si dimostra diversa tra uomo e donna. Infatti è stato valutato che le probabilità per l'uomo di contrarre la gonorrea da donna infetta sono del 20% per ogni rapporto contro il 92,5% nella situazione inversa (uomo infetto, donna sana). Tuttavia l'aspetto epidemiologico fondamentale è rappresentato dall'esistenza di infezioni asintomatiche e quindi vi sono portatori/portatrici in grado di trasmettere la malattia che non manifestano segni di malattia o, se li manifestano, sono di lieve entità. Spesso la loro scoperta è occasionale ed è legata al manifestarsi acuto della gonorrea nel/nella partner con cui hanno avuto rapporti sessuali.
II contagio avviene comunemente con i rapporti sessuali. La via indiretta è rara poiché i germi dimostrano scarsa sopravvivenza se esposti all' aria e alla luce.
Nell'uomo la gonorrea si presenta dopo una incubazione variabile tra 1 e 7 giorni (media tre giorni) dopo di che compare prurito, bruciore ed arrossamento del meato urinario, accompagnati da disuria (ossia difficoltosa emissione dell'urina) e pollachiuria (frequenti emissioni di urina); a queste si accompagna una secrezione uretrale abbondante, densa, cremosa, purulenta, di colore giallastro, gialloverdastro. I sintomi, in assenza di terapia, si mantengono per circa due mesi con graduale interessamento di tutta l'uretra sino alla vescica.
Le ottime possibilità terapeutiche odierne hanno reso pressoché sconosciute complicanze quali la Tysonite (tumefazione ai lati del frenulo per interessamento delle ghiandole del Tyson), la prostatite, l'epididimite.
Come è vero che non tutte le secrezioni uretrali significano gonorrea, altrettanto vero è che non tutti i casi di gonorrea determinano secrezione; infatti le forme asintomatiche nell'uomo vengono valutate tra l' 1 e l' 11 % .
Nella donna è più facile la possibilità di infezione in rapporto alla situazione anatomica dell'apparato genitale. Infatti per il contagio è sufficiente che materiale infetto sia posto a contatto dei genitali esterni e quindi non sono necessari rapporti sessuali completi ma semplici contatti esteriori. La mucosa femminile più suscettibile al gonococco è quella del canale cervicale e la cervicite rappresenta il quadro più importante della blenorragia. Bisogna sottolineare che il 50-60% delle donne con infezione endocervicale rimane completamente asintomatica e spesso i lievi sintomi (lombalgia, perdite vaginali, dismenorrea) hanno un carattere così aspecifico da non evocare la gonorrea. Anche la localizzazione all'uretra, per la mitezza dei segni (bruciore, disuria) viene spesso confusa con una banale cistite (infiammazione della vescica). Altre localizzazioni importanti nella donna sono alle ghiandole del Bartolino (situate a livello vulvare) ed alle ghiandole di Skene.
Vi è anche la possibilità di gonorrea extragenitale: a livello ano-rettale, per contaminazione da parte di secrezioni cervico-vaginali oppure a seguito di rapporti anali (45-55% della casistica di gonorrea negli omosessuali), a livello congiuntivale (da contagio durante il parto nel neonato o per autoinoculazione nell'adulto -spesso unilaterale con abbondante pus-), a livello del cavo oro-faringeo per pratiche sessuali oro-genitali (fellatio -importante in quest'ultimo caso l'esecuzione di un tampone faringeo-).
Esiste infine la possibilità di infezione sistemica caratterizzata da manifestazioni cutanee a livello degli arti
1-chiazze o papule che possono trasformarsi in pustole, vescicole o bolle;
2-bolle emorragiche circondate da un anello arrossato;
3-petecchie sulle dita delle mani, dei piedi e alle caviglie
e da sintomi articolari ( specie alle ginocchia).
La diagnosi di gonorrea si basa, oltre che sugli aspetti clinici, su ricerche di ordine microbiologico e colturale su campioni di secreto prelevati con tampone dall'uretra, dalla cervice, dalla vagina, dal faringe e da altre eventuali sedi interessate. Si procede quindi alla colorazione col metodo di Gram (il gonococco appare come un chicco di caffè) e semina sui terreno di ThayerMartin Agar.
La terapia si avvale delle tetracicline (con criteri di scelta in quest' ambito), della Penicillina G procaina, della Amoxicillina (quest'ultime due in associazione con un farmaco, il Probenecid, che ne ritarda l'escrezione renale) .
In alternativa, anche se spessissimo usato come farmaco di prima scelta, la spectinomicina.
Le uretriti non gonococciche (U.N.G.) rappresentano un problema di notevole importanza. Si ritiene che 2/3 delle uretriti siano di origine non gonococcica.
Per definizione si intendono U.N.G. quelle forme in cui è presente, ovviamente, l'uretrite, viene esclusa, sulla base di indagini microbiologiche e colturali, la gonorrea e nella secrezione sono presenti leucociti (ossia globuli bianchi).
La sintomatologia delle D.N.G. è modesta se rapportata alla uretrite gonococcica e ciò rende ragione del lungo intervallo che spesso intercorre tra l'inizio delle manifestazioni e la visita medica specialistica. Infatti la secrezione uretrale è scarsa, muco-catarrale presente soprattutto al mattino prima della minzione, talora solo dopo spremitura postero-anteriore dell'uretra peniena (questa manovra e tuttavia da sconsigliare sempre; infatti vi è il rischio che essa sfoci in un atteggiamento patofobico ossessivo con conseguente uretrite di ordine traumatico-vedi anche forme non infettive-).
II periodo di incubazione e variabile tra 1 e 5 settimane con un picco tra le 2-3 settimane dopo il rapporto infettante.
Numerosi microrganismi possono causare le D.N.G. ma in pratica due sono quelli che raccolgono il 70-80% della casistica: la Chlamydia trachomatis e in maniera minore l' Urea plasma uralyticum.
La Chlamydia trachomatis è un batterio (ossia possiede DNA e RNA), parassita (per sopravvivere necessita di una cellula ospite e pertanto viene definito parassita obbligato endocellulare), di piccole dimensioni (diametro 0.2-1.5).
Le infezioni indotte da questo microrganismo stanno conoscendo una diffusione sempre più vasta con il trascorrere degli anni, superando percentualmente la gonorrea e la lue.
Tra le complicanze delle uretriti da Clamidia viene indicata l'infertilità femminile e maschile. Nella donna questo avviene poiché le clamidie risalendo la vagina e il canale cervicale raggiungono le tube di Falloppio determinando una salpingite con occlusione tubarica; tale localizzazione è responsabile anche di dolori pelvici cronici inquadrabili nella cosiddetta "malattia infiammatoria pelvica" (P.I.D. = pelvic inflammatory disease). Inoltre nel caso in cui la clamidia sia presente a livello della cervice uterina si pone il rischio, nel caso di gravidanza, che vi siano ripercussioni sul neonato (congiuntivite da inclusi, polmonite interstiziale). Nell'uomo l'interessamento dello epididimo spiega la compromissione della capacita riproduttiva.
La diagnosi di laboratorio si basa su tecniche che mettono in evidenza nel materiale prelevato (secreto uretrale, urine, secreto vaginale, materiale cervicale ecc.) la clamidia (Immunofluorescenza -I.F.- diretta o coltura; quest' ultima è da ritenersi solo un test di conferma diagnostica per l' I.F. diretta). E' disponibile altresì una metodica su siero che evidenzia la presenza di anticorpi (proteine che partecipano alle difese immunitarie) anticlamidia e che può essere di supporto nei tests di massa, nel controllo longitudinale dell'infezione o alle precedenti tecniche.
La terapia si avvale delle tetracicline e dell'eritromicina come farmaci di prima scelta (con preferenza dell' uno o dell'altro a seconda della localizzazione).
Ulcera molle
Detta anche ulcera venerea, infezione streptobacillare di Ducrey o cancroide, è determinata da un batterio, l'Haemophilus ducreyi.
E' una malattia piuttosto rara nei Paesi Occidentali; tuttavia la possibilità di viaggi in Paesi Tropicali rende possibile l'importazione di questa infezione
Benché non si possa escludere un contagio indiretto (es. attraverso oggetti personali) la forma diretta (da persona a persona - rapporto sessuale-) è il meccanismo di trasmissione pressochè unico.
L'incubazione e breve, 1-3 giorni in media. Prima della comparsa delle manifestazioni cliniche, il paziente può avvertire, nella zona dove appariranno le lesioni, sensazioni di bruciore e di prurito; in seguito compare una piccola chiazza rossa ben circoscritta che si trasforma in ulcera.
Premessa importante: le ulcere sono più frequentemente multiple che singole ed hanno caratteri ben precisi che le rendono distinguibili da altre forme ulcerose genitali. Le ulcere veneree non sono uguali nella forma e nella grandezza, le une alle altre, sono irregolari nella forma per diffusione non uniforme del processo infettivo, hanno margini precisi, netti, perpendicolari (tagliati a picco) rispetto al fondo profondo dell' ulcera, notevole rispetto alle dimensioni dell' ulcera, che si presenta anche esso irregolare, anfrattuoso, ricoperto di materiale (essudato) grigio-giallastro. La palpazione provoca dolore e permette di apprezzarne la consistenza molle, pastosa (da qui il nome di ulcera molle).
Le localizzazioni più frequenti nell'uomo sono a livello del frenulo, del prepuzio, al solco balano-prepuziale e più raramente al glande e al meato uretrale; nella donna le sedi interessate sono quelle più traumatizzabili durante l'atto sessuale quali la commessura posteriore (aspetto a ragade -ossia a tipo nicchia scavata-), alla superficie interna delle piccole e grandi labbra, all'ostio vaginale. Anche l’ano può essere sede di malattia: nella donna ciò può accadere per autoinoculazione accidentale dai genitali oppure in entrambi i sessi per pratiche ano-genitali.
Il decorso dell' ulcera venerea è vario in rapporto al numero, alle caratteristiche delle lesioni, alla tempestività della terapia. La risoluzione comunque avviene con una cicatrice che ripete la forma delle ulcere pregresse.
Un terzo dei casi di ulcera venerea si complica con interessamento dei linfonodi regionali (cosiddetto "bubbone venereo") (es. linfonodi inguinali superficiali se interessano il pene ecc.). Questi si ingrossano, la cute si arrossa; la palpazione evoca dolore (presente anche spontaneamente col movimento) e permette di apprezzarne la consistenza dura, la scarsa delimitazione e la fissità sui piani profondi (non è possibile spostare la tumefazione). Piuttosto rapidamente la cute, centralmente alla lesione, si rammollisce e compare la suppurazione (la cute si apre al centro e fuoriesce materiale purulento ). Altrettanto rapida è la guarigione.
La terapia si basa sull'uso di sulfamidici (es. trimethopirin- sulfametossazolo oppure, come alternativa, eritromicina e tetracicline).
Linfogranuloma inguinale
Denominato anche "malattia di Nicolas-Favre", e causato dalla Chlamydia trachomatis (vedi uretriti non gonococciche). Scarsamente osservabile in Italia, si trova in focolai endemici nelle zone tropicali (America del Sud, Africa occidentale, Antille).
Il tempo di incubazione dal contatto infettante alla comparsa a livello genitale della lesione iniziale è di 3-30 giorni. Questa lesione non ha una sua ben precisa individualità mancando di caratteristiche morfologiche costanti e particolari, a causa dei numerosi aspetti clinici che essa può assumere (erpetiforme, a tipo ulcera molle, sifiloide, nodulare, a tipo infiltrazione diffusa ecc.). A volte essa è talmente minima, fugace, effimera al punto da non rappresentare un fatto costante della malattia.
Passati altri 4-15 giorni dalla comparsa della lesione iniziale, compare la sindrome ghiandolare (linfonodi inguinali superficiali, per lo più del lato sinistro e linfoghiandole iliache esterne), caratterizzata da ingrossamento dei linfonodi delle sedi elencate, che risultano di consistenza dura, inizialmente mobili sui vari piani. Il loro accrescimento è lento seguito dalla diffusione del processo infiammatorio ai tessuti vicini a costituire un piastrone irregolare superficialmente. La cute è rossa, finchè si apre in vari punti (tragitti fistolosi multipli) lasciando fuoriuscire un liquido vischioso, denso. L'evoluzione spontanea (cioè senza l'influenza della terapia) è lenta -anche più di un anno-; i tragitti si chiudono formando cicatrici depresse.
Nel corso della malattia si possono associare disturbi di ordine generale (febbre, scarso appetito, facile stancabilità, disturbi articolari), ingrossamento del fegato (epatomegalia) e della milza (splenomegalia).
E' altresì possibile la localizzazione della malattia al retto (per diffusione linfatica dai genitali o per rapporto anale) con quadro di proctite accompagnato dalla crescita di lesioni granulomatose. L'evoluzione spontanea e verso un restringimento (stenosi) del canale anale.
La terapia si basa sull'uso di tetracicline ed in alternativa di sulfamidici e di eritromicina.
Granuloma inguinale
Conosciuto anche come granuloma ulceroso degli organi genitali o Donovanosi. E' una malattia contagiosa non comune in Europa; sono presenti invece zone di endemia nei Paesi tropicali e sub tropicali (particolarmente Caraibi, India, Brasile ed Estremo Oriente ).
E' causata da un microrganismo Gram-negativo (è una metodica microbiologica di colorazione che permette di suddividere i batteri in Gram-positivi e Gram-negativi a seconda se rimangono colorati o meno in blu dopo passaggio in alcool) il Calymmatobacterium granulomatis.
Dopo una incubazione di circa 3 settimane (in media 17 giorni) sui genitali esterni compare una lesione di aspetto vescico-pustoloso o papulo-nodulare. Progressivamente, nel volgere di alcune settimane, la lesione si espande perifericamente, approfondendosi e dando origine a placche ulcerate indolenti con base indurita, di forma regolare, con bordi definiti sopraelevati sulla cute circostante. Dalla zona ulcerosa fuoriesce liquido maleodorante, siero ematico.
Lasciata a sé la malattia ha decorso cronico con lenta estensione in tutta la regione genito-inguino-anale. Possono residuare grosse cicatrici.
La terapia si avvale delle tetracicline e del cloramfenicolo.
Herpes Simplex Genitale
E' una malattia di non raro riscontro e in fase di progressiva diffusione. La sua tendenza alle recidive, la sua possibile associazione con la displasia ed il carcinoma della cervice uterina, la possibilità di trasmissione dalla madre al neonato durante il parto (con rischio letale per il neonato per meningoencefalite virale) ne fanno un problema di rilevanza sociale.
II virus dell'Herpes Simplex (HSV = herpes simplex virus) suole suddividersi nei tipi 1 e 2 in base a caratteristiche colturali, biochimiche, enzimatiche e immunologiche. Il tipo 1 (HSV-l) si localizza preferenzialmente al di sopra della cintura (in particolare viso, labbra, occhi), il tipo 2 (HSV-2) al di sotto della cintura (area genitale, ano, natiche). Si è visto tuttavia come anche il tipo 1 possa essere responsabile di infezioni genitali (probabilmente a seguito di rapporti oro-genitali) e quindi la classificazione su esposta nel riferimento alla sede, non deve essere vista in maniera assoluta.
Il contagio avviene prevalentemente per via diretta sessuale tra la persona infettante, portatrice cioè di lesioni attive (fase attiva vescicolosa) ed il ricevente che presenti lesioni anche minime della cute o delle mucose.
A seguito del primo contagio può svilupparsi nel paziente mai esposto al virus dell' herpes la cosiddetta infezione primaria (ciò non sempre avviene probabilmente perché intervengono fattori quali il titolo della carica infettante virale e lo stato immunologico del soggetto) .
Nell'uomo compaiono vescicole diffuse a tutto il pene ed al pube; nella donna vulvo-vaginite dolorosa con edema intenso dei genitali e talora paresi della vescica con ritenzione d'urina e necessita di catetere; negli omosessuali proctite (infiammazione dell'intestino retto) con tenesmo (spasmo doloroso dello sfintere anale), e secrezione purulenta anale. Inoltre, per disseminazione della virosi da parte del paziente stesso, possono manifestarsi lesioni erpetiche alle natiche, alle cosce, alle mani ed al viso. La durata complessiva dell'infezione primaria, tra comparsa e risoluzione, è di circa tre settimane.
Avvenuto il contagio, il virus, avendo affinità per il tessuto nervoso raggiunge le fibre nervose sensitive cutanee ed attraverso i nervi periferici raggiunge i gangli dorsali lombo-sacrali dove permane nello stadio di latenza (fase di non attività e non contagiosità). Successivamente, a seguito di svariati motivi quali stress fisici e psichici, traumi fisici connessi all'atto sessuale, mestruazioni, il virus può riattivarsi e ripercorrendo in senso contrario le vie nervose, può riproporre un' infezione secondaria (herpes recidivante) caratterizzata, rispetto all'infezione primaria, da minore intensità dei sintomi, dal ridotto numero delle lesioni e dal più breve tempo di evoluzione riparativa. Le recidive, solitamente precedute di 24-48 ore nella sede di comparsa da sensazioni di prurito, bruciore, parestesie (anormale sensibilità avvertita come formicolio sensazione di punture di insetto ecc.) sono costituite dall'eruzioni di vescicole raggruppate “a grappolo”) circondate da un alone arrossato. La loro rottura da luogo a piccole erosioni, crosticine sino alla riparazione (durata media 7 giorni).
La terapia si basa sul presupposto che I'HSV è aggredibile terapeuticamente solo durante la fase di replicazione (ossia nell' infezione primaria e nelle recidive) e non quando esso si trova nella fase di latenza.
Due sono oggi quindi i livelli di intervento: l'uno che mira a risolvere l'infezione alla sua comparsa, l'altro che tende a contrastare le recidive allungando i tempi di benessere tra esse.
Nella prima ipotesi di intervento si farà uso di chemioterapici (es. idossiuridina, aciclovir, tromantadina) ai primissimi segni della malattia. Lo scopo è di alleviare la sintomatologia, riducendo i tempi di risoluzione.
La seconda proposta di intervento si basa sull'assunto che alla base delle recidive vi è sempre uno squilibrio nelle difese immunitarie (sottopopolazioni linfocitarie) del soggetto; per tanto ci si avvarrà dei cosiddetti immunomodulanti (es. metisoprinolo, timostimolina ecc. ) i quali riproponendo corretti equilibri contrasteranno il ripetersi degli episodi virali. In tale ottica si inserisce anche la vaccinoterapia con virus dell' herpes simplex tipo II inattivato al calore.
Conditomi Acuminati
Si tratta di verruche genitali causate da un virus a DNA (papilloma virus umano). La trasmissione avviene pressoché esclusivamente attraverso i rapporti sessuali, anche se l'osservazione di condilomi perianali nei bambini (escludendo ovviamente che su di essi sia stato esercitato abuso sessuale) indica una possibilità al di fuori del contagio venereo.
Si calcola che la possibilità di contrarre tale patologia durante un rapporto sessuale con partner infetto sia del 60% ca. L'incubazione è molto lunga variando dalle 2 settimane agli 8 mesi (media 3 mesi).
L'aspetto clinico dei condilomi acuminati è quello di piccole formazioni rilevate a tipo verruche, di colorito rosa, biancastro in superficie, singole o raggruppate talora voluminose con aspetto a cavolfiore.
Nell'uomo sono localizzate sul glande, sull'asta, sul prepuzio, sul frenulo, sul solco balano-prepuziale, nel meato uretrale, sullo scroto, nella regione anale e nel retto.
Nella donna al vestibolo vaginale, alla vulva, all'ano ed al retto.
E' da sottolineare che se per l'uomo è agevole l'osservazione della regione genitale, nella donna la situazione anatomica ne rende difficile l'esame, giustificando il ritardo con cui spesso vengono diagnosticati i condilomi nel sesso femminile.
In presenza di condilomi acuminati è bene che i pazienti siano sottoposti a indagini atte ad escludere altre MST (es. gonorrea, sifilide, uretrite non gonococcica ecc.).
Nella donna inoltre è stata segnalata la possibilità, anche se non compiutamente confermata, di una associazione di virus papilloma e carcinoma della cervice uterina. Nel caso in cui tale associazione corrisponda a realtà, sarebbe bene che tutte le partners di uomini affetti da condilomi acuminati si sottoponessero ad esame colpo-citologico.
Il trattamento presuppone l'eliminazione radicale del condiloma attraverso o l'applicazione di farmaci topici (podofillina, acido tricloroacetico) oppure attraverso metodiche fisiche (elettrocauterizzazione, diatermocoagulazione, criochirurgia, laserterapiapressoche equivalenti nel risultato).
Non rara è la tendenza a recidivare del condiloma acuminato. In tal caso sarà bene associare alla terapia distruttiva locale una terapia immuno-modulatrice sistematica, poiché spesso alla base del ripetersi della patologia vi è uno squilibrio -limitato- delle difese immunitarie.
Epatite virale
Nell'ambito delle malattie sessualmente trasmesse vi è da includere anche l'epatite virale. Si riconoscono tre forme di epatite: la A, la B e la nonAnonB.
L'epatite A, dovuta ad un virus RNA, riconosce come via di trasmissione quella orofecale; come infezione sessualmente trasmessa il contagio può avvenire a seguito di contatto oroanale (bocca-ano) e in ciò più frequentemente colpiti sono gli omosessuali.
L'epatite B, causata da un virus DNA, è quella che comunemente si identifica con la puntura di siringa infetta; tuttavia il virus è presente non solo nel sangue, ma anche nella saliva, nelle urine nello sperma, nel sangue mestruale, nelle secrezioni vaginali. E' chiaro perciò come l'attività sessuale rappresenti una possibilità di contrarre la malattia. Sia gli etero- che gli omo- sessuali sono a rischio; ovviamente la molteplicità dei rapporti sessuali con diversi partners occasionali, i rapporti anali, la frequenza del coito orale, la presenza di piccolissime lesioni cutanee e mucose sono le condizioni che possono incidere pesantemente sulla trasmissione della malattia. La prostituzione, in quanto possibile somma di quanto su esposto, è situazione di alto rischio.
L'epatite nonAnonB è risultata causa di epidemie nei Paesi Asiatici per trasmissione orofecale; non si esclude tuttavia la possibilità di trasmissione occasionale per contatto sessuale.
Le manifestazioni cliniche delle tre forme di epatite tendono a sovrapporsi Ie une aIle altre, senza grandi differenze.
I primi sintomi di malattia sono generici (febbre, cefalea-mal di testa-, astenia, sensazione di debolezza-); ad essi può seguire l'ittero (colorazione giallastra della cute) (ciò non avviene nelle forme subcliniche nelle quali si osserva subittero).
Le indagini di laboratorio tendono a verificare sia la natura dell'epatite, tramite tests sierologici specifici (per l'epatite nonAnonB la diagnosi è di esclusione) sia la funzionalità epatica (transaminasi, fosfatasi alcalina, gammaGT, tempo di protrombina, albuminemia). E' opportuno associare a tali indagini altre ricerche volte a verificare la presenza o meno di altre concomitanti MST.
L'evoluzione dell'epatite è verso la guarigione spontanea nell'epatite A, nell'epatite nonAnonB e nel 90% dei casi di epatite B; per quest'ultima esiste la possibilità di una forma fulminante (meno dell' 1 %) o di una cronicizzazione (5-10% dei casi) con conseguente stato di portatore e suscettibilità ad evolvere verso una epatite cronica o ad una cirrosi.
La terapia, essendo l'epatite autorisolventesi, mira unicamente a coadiuvare la guarigione assieme a una dieta ipercalorica, ipolipidica, all'astensione dall'alcool e al riposo a letto. Nei casi complicati di insufficienza epatica acuta è di rigore il ricovero ospedaliero.
La prevenzione si basa oltre che sulle norme igieniche (specie per le forme a trasmissione orofecale) e sull'attenzione nel maneggiare materiale contaminato dal sangue, nell'identificare i partners sessuali, nel sottoporsi ad immunizzazione passiva (con immunoglobuline non specifiche per l'epatite A e immunoglobuline specifiche per l'epatite B) ed eventualmente, nel caso di appartenenza a gruppi a rischio, con l'immunizzazione attiva (vaccino) per l'epatite B.
Mollusco contagioso
Si tratta di una malattia virale (poxvirus) che si trasmette sia per contatto diretto (ed i rapporti sessuali rappresentano una via sempre più frequente –nel 67% dei casi coesiste, nello stesso soggetto, altra MST -) sia mediata da indumento o asciugamani specie in ambienti di comunità come piscine, scuole, saune, sale massaggi, ecc., con possibilità di lesioni multiple per autoinoculazione.
Il periodo di incubazione varia tra le 2 e le 12 settimane.
Tipico è l'aspetto clinico. Infatti esso si presenta come una formazione rilevata (papula) di colorito perlaceo con tipica ombelicatura centrale. Le localizzazioni sono l'area genitale nel caso in cui la trasmissione sia venerea (pene, scroto, vulva, perineo, addome, cosce) oppure qualunque altra zona del corpo, nel caso di trasmissione non venerea. Solitamente gli elementi sono di piccole dimensioni (2-5 mm di diametro); se non curate, la loro persistenza porta alla formazione di elementi di dimensioni ragguardevoli.
Tra le metodiche di trattamento ricordiamo l'applicazione di caustici (fenolo), il curretage, la crioterapia.
Tricomoniasi
Si tratta di una infezione dovuta ad un protozoo, cioè animale unicellulare, denominato Trichomonas vaginalis. Esso abita frequentemente le regioni urogenitali della donna (principalmente la vagina); nell'uomo l'infezione, che interessa particolarmente l'uretra e la prostata, è apparentemente molto più spesso asintomatica.
II contagio avviene quasi esclusivamente con rapporto sessuale; tuttavia la possibilità per il T.vaginalis di sopravvivere per 24 ore nelle urine, negli indumenti umidi, nei tamponi o spugne implica anche il contagio indiretto nel caso in cui vengano usati da più persone asciugamani, materiale da doccia ecc ..
Al giorno d'oggi il T. vaginalis, pur incidendo percentualmente meno nell'epidemiologia vaginale (nel 1956 il 40%, oggi il15% ca.), non viene più considerato solo causa di semplice infezione, ma anche responsabile di erosione cervicale uterina, di atipie cellulari (causa di complicata interpretazione della citologia vaginale), di febbri post-partum, di sterilità (per una possibile azione tossica del Trichomonas sullo sperma), di interferenza nella diagnosi delle infezioni urogenitali.
Si considera che il 25% delle donne infette sia privo di segni o sintomi di malattia (asintomatiche). Nei soggetti invece sintomatici vi può essere prurito vulvare esteso anche alla faccia interna delle cosce, talora intenso al punto da disturbare il sonno. A questo si accompagna secrezione di colorito giallastro, di aspetto schiumoso, con odore di burro rancido
La diagnosi si basa sull'osservazione al microscopio di una goccia di secrezione vaginale appena prelevata; il T.vaginalis appare molto mobile a forma di pera con una membrana ondulante e flagelli ad una estremità.
La terapia si basa sull'uso dei derivati dell'imidazolo, da assumersi contemporaneamente dai due partners.
Candidiasi
Si tratta di una infezione dovuta ad un fungo e più particolarmente ad un lievito della specie Candida, denominato Candida albicans.
E' un microrganismo che normalmente vive come saprofita innocuo a livello del canale digerente in equilibrio con la flora intestinale fisiologica. Alcune condizioni, modificando equilibri locali o alterando i meccanismi di difesa immunologica del soggetto possono favorire la sua trasformazione in patogeno. Agiscono quindi come fattori predisponenti: la gravidanza e l'uso di contraccettivi orali, alcune malattie endocrine (diabete soprattutto, ipoparatiroidismo, malattia di Addison, pancreatiti, ipotiroidismo), l'uso di determinati farmaci (antibiotici a largo spettro, corticosteroidi, immunosoppressori, farmaci antitrichomonas), condizioni di debilitazione organica e di malnutrizione, stati di immunodepressione.
Nei riguardi della problematica sessuale è stato osservato come frequentemente la Candida albicans sia isolata dalla vagina. Tale localizzazione può ritenersi una contaminazione a partenza dal retto-ano e ostio vaginale sono vicini-, talora dovuta a non corretta effettuazione dell'igiene intima (abitudine a lavarsi partendo dal retto e proseguendo in avanti verso la vagina). In oltre l'abitudine ad usare di propria iniziativa lavande vaginali disinfettanti e l'indossare indumenti attillati talora sintetici che creano condizioni locali di clima caldo-umido che favorisce la macerazione e lo sfregamento, rendono ragione dell' aumentata patologia da Candida.
Tuttavia le condizioni di libertà sessuali odierne fanno ritenere che un terzo della patologia genitale da candida faccia seguito a rapporti sessuali, ritrovandosi infatti il lievito in culture urinarie o nello sperma di partners maschi di donne affette da Candidiasi.
Nella donna la vulvovaginite candosica, pur potendo interessare ogni età, e più frequente nell'età compresa tra i 16 ed i 30 anni (periodo di maggior attività sessuale). Clinicamente la vulva si presenta infiammata, la vagina arrossata e ricoperta di placche biancastre, si osservano perdite di colore biancastro (leucorrea) e la paziente lamenta sensazioni di prurito, bruciore e dolore (dispareunia). Nell'uomo la Candida albicans può determinare una uretrite (se acuta con secrezione abbondante bianco-verdastra, arrossamento e sensazione di prurito all'orifizio uretrale esterno, nelle forme subacute con una singola goccia di secrezione al mattino e sensazione di prurito al primo urinare del mattino) ed una balanite (infezione che interessa il glande) o balanopostite (infezione che interessa glande e prepuzio). Si osservano lesioni vescicolose e/o pustolose diffuse, talora state di fimosi (restringimento del prepuzio), prurito e bruciore.
La diagnosi si fonda oltre che sull'aspetto clinico, sulle conferme dei tests micologici (esame microscopico a fresco del secreto o delle squame usando una goccia di KOH 10% come chiarificante, esame colturale su terreno di Sabouraud).
La terapia deve seguire l'esecuzione dei tests micologici al fine di mirare l'intervento farmacologico. E' altresì importante che entrambi i partners (anche se uno non presenta infezioni in atto) siano contemporaneamente trattati per evitare trasmissioni a "ping pong" dell'infezione. I derivati dell' imidazolo sono i farmaci utilizzati in varie formulazioni (creme, capsule, ovuli, tavolette vaginali, lavande vaginali). Può essere utile nella donna associare ad essi un antibiotico orale anticandida (nistatina) che non essendo assorbito dall'intestino permette, sterilizzando l'intestino dalla candida, la contaminazione da tale sito.
CONSIGLI PER RIDURRE IL RISCHIO DI CONTRARRE
MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI
-evitare i rapporti sessuali (astinenza)
-monogamia
-evitare di cambiare frequentemente il/ia partner
-regolari controlli medici (ogni tre mesi) per chi ha rapporti con numerosi/e partners
-conoscenza dei sintomi delle più comuni M S T
-evitare rapporti con persone che presentino sintomi o lesioni genitali o labiali (secrezioni uretrali, perdite vaginali, condilomi, ulcere, herpes ecc)
-uso di contraccettivo di barriera (preservativo, diaframma)
Dott. Luciano Schiazza
Spec. in Dermatologia e Venereologia
Spec. in Leprologia e Dermatologia tropie.
Pubblicazione del 1989