Le cause di impotenza possono essere organiche e psichiche: numerosi dati hanno ormai confermato come le prime siano nettamente prevalenti arrivando a rappresentare più dell'80%; le cause organiche sono vascolari arteriose e/o venose, neurologiche e meccaniche, dovute cioè ad incurvamenmto penieno > di 40° e comunque tale da non permettere la penetrazione in vagina: gli incurvamenti possono essere congeniti o secondari ad Induratio Penis Plastica. Nel corso degli ultimi 1980-2000 la terapia dell' impotenza coeundi ha subito una vera e propria rivoluzione grazie ad una migliore conoscenza del meccanismo neurovascolare dell' erezione ma anche grazie ai progressi microchirurgici e tecnologici per aver messo a disposizione presidi sofisticati e, al tempo stesso, molto affidabili.
Ad oggi la terapia farmacologica intracavernosa, è in grado di assicurare un successo terapeutico superiore al 70%, indipendentemente dall'eziologia del deficit erettivo.
In tutti gli altri casi di impotenza organica è la terapia chirurgia a dover intervenire per ripristinare la funzionalità sessuale.
Le terapie chirurgiche si sono dimostrate efficaci nella risoluzione di problemi vascolari arteriosi o venosi con l'impiego di particolari tecniche microchirurgiche, in casi selezionati, nell' impianto di protesi peniene, o con interventi corretivi, in caso di incurvamento penieno congenito o secondario ad Induratio Penis Plastica, tali da non permettere la penetrazione in vagina.
TAB. A |
-Sistemica Sildenafil |
FISIOLOGIA ARTERIOSA DEI CORPI CAVERNOSI
L'avvento dei farmaci vasoattivi, unitamente all'utilizzo dell'arteriografia digitale, dell'EcoColorDoppler, della Rigidometria peniena notturna computerizzata e della cavernosometria dinamica hanno dato il via ad una nuova era nello studio della vascolarizzazione peniena e nella conoscenza dei meccanismi fisiopatologici dell'erezione.
Allo stesso tempo le tecniche ricostruttive si sono evolute, con l'obiettivo di ripristinare un adeguato apporto ematico all'interno dei corpi cavenosi.
L'erezione è un complesso fenomeno neurovascolare ed é provocata da stimolazioni tattili e psicogene. La stimolazione di alcuni nervi (plesso pelvico) causa il rilassamento della muscolatura liscia che circonda le piccole arterie peniene (arterie elicine) e gli spazi lacunari. Come risultato di questo rilassamento arteriolare aumenta il flusso del sangue agli spazi lacunari da 3-5 mI/min. (stato di flaccidità) a 30-50 ml/min. all'inizio dell' erezione e trasmette la pressione sistemica attraverso le arterie elicine dilatate. Il ruolo dell'arteria cavernosa è perciò duplice: aumenta l'afflusso di sangue arterioso durante la stimolazione sessuale ed è in grado di mantenere la pressione di perfusione arteriosa pressocchè uguale alla pressione sistemica.
L'insufficienza arteriosa sia di origine arteriosclerotica sia di tipo traumatico può diminuire l'afflusso arterioso negli spazi lacunari del pene e quindi diminuire la pressione di perfusione dell' arteria cavernosa.
Le conseguenze cliniche dei cambiamenti emodinamici sono il tempo prolungato per ottenere la massima erezione ed una diminuita rigidità del pene eretto. La malattia vascolare arteriosclerotica è la causa più frequente dell'insufficienza dell'arteria cavernosa. E' ormai accertato che la disfunzione erettiva si sviluppa quando la malattia arteriosa occlude più del 50% del lume arterioso. I fattori di rischio includono l'ipercolesterolemia, l'ipertensione, il fumo di sigaretta, il diabete e le malattie cardiache.
TAB. C |
STORIA DELLA RIVASCOLARIZZAZIONE PENIENA
La rivascolarizzazione diretta dei corpi cavernosi è stata realizzata da Michal nel 1973; nel corso degli anni essa è stata sostituita da interventi via via sempre più sofisticati e complessi, grazie alle tecniche microchirurgiche, che hanno reso possibili le microanastomosi tra l'arteria epigastrica inferiore e l'arteria dorsale del pene.
Gli studi anatomici e radiologici sembrano comunque negare l'esistenza di una rete anastomotica tra le arterie dorsali del pene e quelle dei corpi cavernosi, che sono le vere responsabil dell’infarcimento ematico dei corpi cavernosi e del deficit erettile.
In seguito si sono sviluppate tecniche alternative, come le anastomosi "upstream" (controcorrente) tra i vasi epigastrici inferiori e l'arteria dorsale del pene; l'inversione del flusso permette il passaggio in senso opposto del sangue attraverso l'arteria cavernosa. L'esperienza acquisita attraverso questo tipo di approccio chirurgico e l'analisi dei risultati ottenuti ha portato allo sviluppo di nuove teorie e alla nascita di soluzioni chirurgiche alternative
Nel 1986 Hauri propose un nuovo tipo di intervento basato sull'anastomosi tra l'arteria epigastrica, la vena dorsale profonda e l'arteria dorsale. Una variante di questa tecnica è rappresentata dall'anastomosi tra arteria epigastrica, vena dorsale e corpo cavernoso.
Virag ha proposto una tecnica ancora più complessa: anastomosi dell' arteria epigastrica, o un graft di safena, tra l'arteria femorale e la vena dorsale del pene. Nel tempo queste tecniche sono andate incontro a notevoli innovazioni e, sebbene avallate da corretti principi di emodinamica, in pratica non hanno ottenuto un miglioramento sostanziale dei risultati.
La mancanza di risultati positivi ha spinto alcuni autori alla conclusione che l'evoluzione della chirurgia della disfunzione erettiva sia possibile solo grazie ad una profonda conoscenza dei meccanismi dell'erezione ed una più accurata selezione dei pazienti.
Infatti soltanto la stenosi o la parziale occlusione post-traumatiche delle arterie funzionali del pene possono essere trattate con tecnica di rivascolarizzazione. Al contrario, pazienti non elegibili per questo tipo di chirurgia sono rappresentati da soggetti con diffusa aterosclerosi che presentano fattori di rischio per deficit erettivo: forti fumatori, diabetici, iperlipidemici ed ipertesi al di sopra dei 50 anni di età. In questi casi il razionale vede nell'approccio protesico una soluzione più congrua.
Questa nuova impostazione nella terapia delle disfunzioni erettive, ha modificato radicalmente le indicazioni della chirurgia ricostruttiva per l'impotenza, e rappresenta sicuramente l'unico criterio in grado di garantire risultati soddisfacenti. Le percentuali di successi nei casi selezionati, secondo i criteri sopra esposti, si aggira intorno al 75-81%; mentre risulta di circa il 25% nei pazienti con deficit erettivo associato ad una patologia vascolare diffusa su base ateromasica. In conclusione il successo dei risultati a distanza è legato non solo ad una particolare tecnica chirurgica, ma anche ad una accurata selezione del pazienti, resa possibile dall'evoluzione di sofìsticate tecniche diagnostiche.
FISIOPATOLOG1A DELLA LESIONE ARTESIOSA POST TRAUMATICA.
I candidati ideali alla microchirurgia del by-pass arterioso sono gli uomini giovani che, a seguito di un trauma pelvico chiuso o perineale, presentino lesioni delle arterie pudende interne, delle arterie peniene comune o cavernose; generalmente questi pazienti hanno un problema di natura esclusivamente arteriosa senza alcuna disfunzione veno-occlusiva, neurologica o endocrina.
Le fratture pelviche sono associate ad una incidenza di impotenza che varia dal 23 all'80%. Levine e altri riesaminarono gli arteriogrammi selettivi delle arterie pudende interne in un gruppo di pazienti impotenti in cui 7 avevano avuto un trauma pelvico chiuso e 20 avevano subito un trauma perineale chiuso.
Quelli con impotenza immediatamente successiva al trauma pelvico chiuso mostravano dei patterns arteriografici di malattia occlusiva significativamente diversi dai pazienti che avevano subito un trauma perineale chiuso. Nei pazienti con il trauma pelvico c’era un'alta incidenza (92%) di lesioni dell' arteria pudenda interna distale o dell' arteria peniena comune rispetto ai 20 pazienti con trauma perineale chiuso (35%).
I meccanismi dei danni arteriosi dopo fratture del bacino sono gli stessi proposti per le lesioni dell'uretra posteriore: lo spostamento in alto della sinfisi pubica causa la rottura dei ligamenti pubo-prostatici e stira l'uretra sino alla sua rottura a livello del diaframma urogenitale. Tale stiraramento nell' area del diaframma urogenitale potrebbe portare anche al danno delle arterie che lo attraversano. Un secondo meccanismo coinvolge le fratture bilaterali del ramo pubico superiore ed inferiore con spostamento verso il basso del segmento fratturato. Questo comporterebbe una improvvisa retrocessione del diaframma urogenitale contro l'uretra membranosa; il diaframma agisce come una ghigliottina che taglia l'uretra e quindi anche le arterie che attraversano il diaframma urogenitale. Un terzo meccanismo è rappresentato dalla diastasi della sinfisi pubica con la rottura di un ligamento pubo-prostatico; in questo modo il diaframma urogenitale viene strappato dalla sua inserzione all'osso pubico contro laterale con conseguente sezione dell'uretra allorchè il diaframma viene spinto nella direzione opposta. Infine, essendo le arterie pudende interne e peniene in posizione prossima al ramo ischiatico e pubico, in qualsiasi forma di trauma, una piccola sporgenza ossea può provocare un danno diretto di una arteria vicina.
l! trauma perineale chiuso può causare impotenza arteriogenica nei casi di cadute a cavalcioni ed in seguito a calci a livello del perineo.Nella ricerca di Levine e altri l'incidenza della lesione arteriosa solitaria dell' arteria cavernosa era significativamente più alta nei pazienti con trauma perineale chiuso (48%) che nei pazienti con trauma pelvico chiuso (8%), confermando che le localizzazioni arteriografiche erano riferite al luogo del trauma. Il meccanismo del danno arterioso dopo trauma perineale può essere spiegato dalle seguenti considerazioni anatomiche.
L'arteria peniena comune è situata medialmente alla branca pubica inferiore e si biforca nelle arterie cavernose e dorsali proprio sotto la sinfisi pubica; le arterie, per questa loro posizione, possono essere schiacciate tra il corpo condundente e le ossa pubiche.
La lesione arteriosa può verificarsi più spesso della lesione uretrale in quanto il meccanismo della occlusione arteriosa dipende dalla lesione endoteliale e non tanto dalla lesione dell' arteria.L' arteria peniena comune origina dalla arteria pudenda interna, che, nel 65% dei casi, condivide un tronco comune con l'arteria glutea inferiore. Nel 30% rappresenta il ramo terminale della divisione anteriore dell'arteria ipogastrica. In meno del 5% origina come branca isolata dell'arteria ipogastrica, mentre raramente deriva dal!' arteria emorroidaria inferiore o dall' arteria otturatoria. Talvolta è presente anche un' arteria pudenda accessoria, che nasce dalla divisione anteriore dell' arteria ipogagastrica come un residuo dell' arteria otturatoria, ombelicale, ischiatica. Dall'arteria pudenda accessoria spesso derivano le arterie del pene.
Il primo ramo che si stacca dall'arteria peniena comune è rappresentato dall'arteria bulbare, che ha un decorso inferiore rispetto all' arteria peniena comune, e dall' arteria uretrale che, nei radiogrammi, quando visibile, si proietta lungo la superficie inferiore del pene.
L'arteria peniena comune si divide quindi nell' arteria peniena profonda (o cavernosa) che normalmente ha un calibro di 0,5 mm e nell'arteria dorsale del pene con diametro di 06-08mm.
QUALITA’ DELL’EREZIONE NEL PAZIENTE CON LESIONE ARTERIOSA
All' anamnesi, i pazienti con deficit erettivo e con pregresso trauma del bacino, riferiscono poche erezioni spontanee; la risposta erettiva, che riescono a produrre con molta fatica e dopo molto tempo, è caratterizzata da una scarsa rigidità. Qualora poi questi pazienti riescano ad avere una penetrazione, l'atto sessuale è caratterizzato da una riduzione della rigidità del pene.
Generalmente questi pazienti riescono a raggiungere una erezione più rigida e duratura solo quando si risvegliano al mattino.
L'obiettivo della microchirurgia vascolare del pene è quello di riuscire ad offrire una via arteriosa alternativa al fine di incrementare la pressione di perfusione arteriosa e l'afflusso sanguigno nel tessuto erettile dei pazienti affetti da impotenza arteriosa.
Tecnica Chirurgica
Preparazione dell'arteria epigastrica inferiore
L'incisione addominale unilaterale può essere paramediana o trasversaaddominale: l'accesso paramediano è quello maggiormente adottato e anche abbastanza semplice; la seconda soluzione offrirebbe una eccellente esposizione dell' arteria epigastrica inferiore e rimarginerebbe con una cicatrice estetica migliore di quella che si ottiene con l'incisione paramediana. Il taglio inizia approssimativamente 3/4 della distanza tra osso pubico ed ombelico, estendendosi alla parete laterale dell' addome lungo le linee cutanee di Langer. Dopo l'incisione della fascia, il muscolo retto viene spostato medialmente,utilizzando il divaricatore di Scott: l'identificazione dell' arteria, accompagnata dalle due vene epigastriche inferiore, risulterà agevole.
A questo punto bisogna tenere presente alcuni punti fondamentali:
a) preservare l'apporto sanguigno dei vasa vasorum mediante una dissezione in blocco dell'arteria, vene epigastriche inferiori e grasso;
b) evitare lesioni termiche utilizzando un coagulatore bipolare; utilizzo della papaverina per uso topico;
c) isolamento sufficiente per evitare tensioni a livello della microanastomosi.
Dopo aver identificato l'anello interno, che si trova lateralmente all' origine dell' arteria epigastrica inferiore, si pratica una dissezione digitale smussa sottocutanea, fino alla base del pene, tra il ligamento sospensore e il ligamento fundiforme. Attraverso questo tunnel si passa quindi una pinza vascolare lunga e sottile in grado di afferrare e trasferire alla base del pene l'arteria e le vene epigastriche inferiori.Ispezionato il fascio e verificata l'assenza di torsioni, l'incisione addominale viene suturata per strati. Recentemente, per l'isolamento dell'arteria epigastrica inferiore è stata proposta una nuova tecnica laparoscopica, la pelioscopia.
Preparazione dei vasi penieni (arteria o vena)
L'incisione può essere trasversale alla base del pene oppure inguino-scrotale. Quest'ultimo accesso è preferito da alcuni Autori in quanto offrirebbe il vantaggio di non creare cicatrici alla base del pene, di esporre e preservare i ligamenti fundiforme e sospensore del pene (questi ultimi essendo attraversati dalle fibre sensitive somatiche, vanno assolutamente risparmiati per conservare la sensibilità). L'accesso inguino scrotale offre infine una più ampia e quindi migliore esposizione del fascio vasculonervoso del pene.
L'incisione cutanea inguino-scrotale si esegue a due dita di distanza dalla base del pene, dalla parte opposta all'incisione addominale, per un più agevole avvicinamento dell' arteria epigastrica inferiore ai vasi del pene. In caso di incisione trasversale alla base del pene, si allontanano le fascie dartoiche e, aperta la fascia penis o di Buck, si isola l'arteria dorsale o la vena dorsale profonda. Il ligamento sospensore e le fibre sensitive in esse contenute vanno sempre rispettate. Noi pratichiamo una incisione trasversale e verticale dalla base del pene verso il pube (incisione a T.Nella nostra esperienza tale accesso è risultato sufficiente per realizzare qualsiasi tipo di anastomosi).
ANASTOMOSI MICROCHIRURGICHE ARTERIOSE E VENOSE
Materiali:
microscopio operatore , microsuture nylon 1/10, avvicinatori vascolari di Acland, strumentario microchirurgico, divaricatore di Scott.
Il pene viene adagiato su di una tavoletta di sughero e stirato in avanti da un gancetto del divaricatore di Scott, in modo che il campo operatorio risulti immobile. L'anastomosi può essere confezionata in senso termino-laterale o termino-terminale, tra il tratto distale dell'arteria epigastrica e l'arteria dorsale, al confine tra il suo terzo medio e terzo distale, dove viene isolata per circa un centimetro.
Preparazione del Microscopio
Operatore ad un ingrandimento di 5x , 10x e posizionamento di un palloncino colorato al di sotto dei vasi da anastomizzare.
In caso di anastomosi termino-laterale si posizionano gli avvvicinatori di Acland sull'arteria dorsale già isolata e con l'ausilio di un microbisturi curvo si ottiene una arteriotomia di circa 3 mm.
Si adagia il capo distale dell'arteria epigastrica sulla arteriotomia e, fissati i due estremi, si confeziona l'anastomosi con suture a punti staccati 10/0 nylon.
Una obiezione teorica a questo tipo di intervento (Michal 2) è rappresentata dal fatto che la quantità di sangue che fluisce in direzione anterograda nell'arteria peniena dorsale, non contribuisce significativamente all’erezione; infatti è ormai accertato che la maggior parte del sangue necessario per l’erezione derivi dall’arteria cavernosa e solo una piccola quantità dall’arteria dorsale. Comunque con questa metodica, diversi autori, riportano risultati positivi oltre il 60%.
Anastomosi termino-terminale:
Dopo sezione dell’arteria dorsale alla base del pene, la porzione distale viene legata, quella prossimale utilizzata per l’anastomosi. Il capo dell'arteria epigastrica e di quella del pene sono tenute assieme dall'avvicinatore vascolare di Aclan: la sutura confezionata con Nylon 10/0. In questo caso il sangue proveniente dall' arteria epigastrica fluirà a senso retrogrado nel tratto prossimale dell' arteria del pene ed in senso anterogrado nell' arteria cavernosa. Questo tipo di chirurgia, descritta n 1984 da Sharlip, è particolarmente indicata in quei pazienti con una stenosi dell' arteria pudende interna o dell' arteria peniena comune post traumatica.
Personalmente, con questa tecnica, ho avuto buoni risultati in 4 pazienti su 5.
L'insuccesso funzionale, oltre naturalmente ad un difetto dell’anastomosi può essere dovute ad un danno traumatico anche del nervo cavernoso adiacente Goldsteir e Levine riportano risultati positivi in 37 dei 50 pz (74%) sottoposti a rivascolarizzazione controcorrente.
Austoni ha proposto l'anastomosi delle branche dell' arteria epigastrica inferiore alle porzioni sia distali che prossimali dell'arteria dorsale del pene e riporta un successo funzionale del 56% (35/68pz).
Un discorso a parte merita la rivascolarizzazione dell' arteria cavernosa: (l'ultimo lavoro apparso su riviste internazionali risale ormai al 1989) questo tipo di intervento crediamo sia stato definitivamente abbandonato in quanto estremamente delicato ed è molto facile che si sviluppi una fibrosi nel punto in cui l'arteria epigastrica inferiore attraversa la tonaca albuginea.
Arterializzazione della vena dorsale.
L'arteria epigastrica viene isolata e "trasferita" sul lato dorsale del pene con le stesse modalità descritte sopra. La vena dorsale profonda viene esposta e quindi isolata per più di un centimetro alla base del pene.E' molto importante ridurre al minimo i traumi ischemici, meccanici e termici della parete venosa; per evitare danni dell'endotelio a causa di spasmi o traumi meccanici viene consigliata una soluzione con papaverina, eparina e soluzione elettrolitica, già al momento dell' isolamento della stessa vena . Sempre con l'aiuto del M.O. la vena viene "spogliata" dell' avventizia per prevenire fenomeni di trombosi; dopo aver posizionato due clamp vascolari, mediante un microbisturi, viene pratica una venotomia verticale di circa 3 mm, mentre un palloncino colorato viene posizionato al di sotto del tratto di vena isolata. L'anastomosi può essere latero-laterale, termino-laterale o termino-terminale e viene eseguita con sutura 8-10/0 Nylon, generalmente con tre-quattro punti staccati per lato. Dopo il rilascio del clamp angolato dell' arteria, la vena dorsale profonda mostra una pulsazione arteriosa lungo tutta la sua lunghezza. Una complicanza importante è rappresentata dall'ipervascolarizzazione del glande, che può essere prevenuta mediante la legatura della vena dorsale profonda a livello distale.
L'arterializzazione della vena dorsale del pene fu proposta per la prima volta da Virag che nel tempo ne descrisse sei varianti. Lo scopo di queste tecniche è quello di impedire il flusso venoso e di fornire un flusso arterioso addizionale ai corpi cavernosi, mediante un flusso retrogrado dell'arteria epigastrica inferiore alla vena dorsale e quindi attraverso le vene circonflesse ed emissarie ai corpi cavernosi.
Da una revisione della letteratura eseguita da Lewis e Virag, risulta che il totale dei risultati delle arterializzazioni della vena dorsale presenta un buon risultato (erezioni senza iniezione intracavernosa) nel 38-56% dei pazienti e un successo parziale (erezioni con iniezioni intracavernose di sostanze vasoattive) nel 14- 30% dei casi.
Una variante alle tecniche di arterializzazione della vena dorsale sono rappresentate dalla tecnica descritta da Hauri nel 1986.
Questa tecnica, sebbene abbia avuto qualche consenso in Europa, non è riuscita mai ad avere una larga diffusione a livello mondiale, perchè priva di una convincente base teorico razionale.
L'intervento prevede infatti una anastomosi latero-laterale tra l'arteria dorsale del pene e la vena dorsale profonda, con un'altra anastomosi termino-laterale dell' arteria epigastrica inferiore e la fistola artero-venosa creata con la precedente anastomosi. Generalmente, nella chirurgia vascolare del circolo periferico, il confezionamento di una fistola artero-venosa nella sede dell'anastomosi, riduce il rischio di una trombosi, grazie all'incremento del flusso ematico.
Nella chirurgia del pene, questa tecnica sarebbe stata criticata in quanto la teoria emodinamica, suggerirebbe qualcosa di molto diverso: infatti l'innalzamento della pressione intracavernosa dovuta allo stimolo sessuale, supera la pressione intravenosa, per cui il sangue proveniente dall' arteria epigastrica inferiore, attraverso la fistola, fluirebbe nella circolazione venosa piuttosto che in quella intracavernosa.
TECNICHE DI ARTERIALIZZAZIONE DELLA VENA DORSALE PROFONDA
Virag 1 |
Anastomosi termino-laterale tra arteria epigastriga inferiore e vena dorsale profonda |
Virag 2 |
Anastomosi termino-laterale tra arteria epigastrica inferiore e vena dorsale profonda con vena prossimale legata ( la vena distale può essere legata) |
Virag 3 |
Anastomosi termino-laterale tra innesto di vena safena e vena dorsale profonda con vena prossimale legata (la vena distale può essere legata) |
Virag 4 |
Virag 1 + shunt venocavernoso |
Virag 5 |
Virag 2 + shunt venocavernoso |
Virag 6 |
Virag 3 + shunt venocavernovo |
Furlow Fisher |
Anastomosi termino-laterale tra arteria epigastrica inferiore e vena dorsale profonda con legatura distale e prossimale della vena |
Lewis |
Anastomosi termino-terminale tra arteria epigastrica inferiore e vena dorsale profonda con legatura distale e prossimale della vena |
TRATTAMENTO CHIRURCICO DELLA DISFUNZIONE ERETTILE
NEI DEFICIT DEL MECCANISMO VENO-OCCLUSIVO
Anatomia e fisiologia del sistema venoso del pene
Il ruolo e la funzione del sistema venoso penieno nell' erezione non sono stati ad oggi del tutto chiariti. La vascolarizzazione e il drenaggio venoso del pene sono garantiti da numerosi sistemi. La vena dorsale superficiale, la quale drena nella vena pudenda esterna, si trova tra la cute e la fascia di Buck, nel punto in cui i rami della cute e dell' asta si incontrano; questi rami drenano nella vena safena.
La vena dorsale profonda che corre addossata ai corpi cavernosi nello spazio compreso tra la fascia di Buck e la tonaca albuginea, drena i vasi provenienti dal glande del pene e dal corpo spongioso dell' uretra, a sua volta la vena dorsale profonda confluisce nel plesso periprostatico del Santorini. Questa rete venosa presenta numerose connessioni con il sistema venoso superficiale.
Le vene bulbouretrali rappresentano un sistema ausiliario che drena il corpo spongioso.
Le vene cavernose, situate in profondità rispetto alla tonaca albuginea, costituiscono il principale sistema di drenaggio dei corpi cavernosi. Sono tributarie del plesso vescico-prostatico mediante 4 o 5 rami che emergono in prossimità delle crura.
Le vene circonflesse, rami perforanti della tonaca albuginea, si trovano distribuite lungo la circonferenza del pene e si anastomizzano con il sistema venoso profondo partecipando inoltre al drenaggio del corpo spongioso.
Il momento .fondamentale del meccanismo dell'erezione è rappresentato dal rilassamento della muscolatura liscia del tessuto cavernoso. Durante l'erezione questo evento trasforma il sistema ad alta pressione delle lacune vascolari, in una rete vascolare a bassa pressione. L'aumento dell'afflusso arterioso provoca una distensione della tonaca albuginea ed una compressione delle venule subalbuginee con una conseguente riduzione del deflusso venoso. La successione di questi eventi provoca un infarcimento ematico dei corpi cavernosi, e la conseguente tumescenza e rigidità del pene necessarie alla penetrazione.
Quindi sebbene alcuni Autori abbiano riscontrato recettori alfa sulla parete dei vasi venosi, la componente venosa nella fisiologia dell' erezione ha fondamentalmente un ruolo passivo. La fiducia in un ruolo attivo della componente venosa, così come propagandata negli anni '80, è stata forse alIa base dell' elevato numero di fallimenti a dispetto dei differenti tipi di tecniche chirurgiche adottati in presenza di "fuga venosa".
Diagnosi della “fuga venosa”
Le diagnosi formulate dai dati raccolti dall'anamnesi di pazienti con fuga venosa, caratterizzata da un insuffciente grado di rigidità alla penetrazione, sono state dimostrate sulIa base di valutazioni radiologiche (cavernosografie) e strumentaIi (cavernosometrie), tecniche queste in continua evoluzione.
La cavernosografia dinamica è influenzata da numerose variabili: in modo particolare dalla risposta individuale ai farmaci vasoattivi, dal tropismo del tessuto cavernoso e dal tono simpatico, da cui dipende lo stato emozionale del paziente. La dimostrazione di una fuga venosa diviene un momento diagnostico dal valore limitato. Inoltre si intraprende un esame estremamente invasivo non scevro da effetti collaterali (reazioni al mezzo di contrasto,fibrosi dei corpi cavernosi) in cambio di una bassa sensibilità ed una elevata percentuale di falsi positivi. Spesso difatti la localizzazione del punto di fuga venosa mediante mezzo di contrasto ha un significato terapeutico di poco valore; l'approccio chirurgico è limitato alla legatura ed eventualmente alla escissione della vena dorsale profonda, o in caso di fuga massima alla legatura delle crura. Gli stessi fattori che influenzano i risultati della cavernosografia, stanno alIa base degli errori di interpretazione delIa cavernosometria, poichè non viene preso in considerazione il flusso arterioso penieno e le eventuali alterazioni funzionali od organiche del tessuto cavernoso.
Il quadro della "fuga venosa" dimostrata dalla cavernosografia dinamica e dalla cavernosometria in pazienti affetti primitivamente da incapacità a mantenere l'erezione, è dovuto ad una marcata alterazione di uno o più meccanismj dell'erezione, o ancora ad una causa organica o funzionale, classificabile come insufficienza della componente veno-occlusiva.
Chirurgia della fuga venosa
Diversi possono essere gli approcci chirurgici in questi casi. Alcuni studi hanno proposto una semplice legatura della vena dorsale profonda. altri la legatura e l'escissione della vena dorsale profonda, altri ancora propongono la concomitante legatura delle vene cavernose, delle crura ed un tentativo di spongiolisi. In alcune serie venivano legate anche le vene circonflesse. E' facile intuire come la terapia chirurgica dell' insufficienza veno-occlusiva, nonostante la relativa semplicità di esecuzione, sia accompagnata da un’alta percentuale di fallimenti. In quelle serie che presentavano alte percentuali di successi (75%) il followup veniva eseguito troppo presto per poter formulare conclusioni definitive. Nella nostra casistica solamente due pazienti (28%), affetti da disfunzione veno-occlusiva, hanno ottenuto un completo recupero della funzione erettile (rigidità e durata), con una conferma di parametri cavernosometrici, a 12 mesi dall’intervento. Alcuni pazienti hanno riscontrato solamente un lieve aumento del numero delle erezioni notturne, con una relativa diminuzione del flusso durante la cavernosomeria, senza ottenere una accettabile vita sessuale: Nel 44% dei casi non vi è stato miglioramento in seguito alla terapia chirurgica. Il fallimento della chirurgia non è dovuto ad un difetto di metodo; piuttosto deve essere incriminato il procedimento che conduce alla diagnocìsi di fuga venosa ed al relazionale dell’indicazione di un rimedio chirurgico mirato al distretto venoso.
In conclusione bisogna chiarire ed avere presenti alcuni punti fondamentali:
- nessun intervento può risolvere la funzionalità di una grave patologia dei corpi cavernosi;
- la tecnica chirurgica non è in grado di individuare e legare tutti i rami venosi, in modo particolare le vene cavernose che sono difficilmente reperibili e spesso interessate da fenomeni di “fuga”: Col tempo si sviluppano circoli venosi collaterali, che spiegano il grande numero di recidive;
- la terapia chirurgica delle fughe venose ad oggi, si limita ad un arresto temporaneo del flusso venoso. Lo studio della sindrome da disfunzione veno-occlusiva e le basi per la strategia di una terapia mirata ed efficace, richiedono ancora un approfondimento nella conoscenza della morfologia, della biochimica e degli aspetti funzionali del tessuto cavernoso.
Dr Carmignani Giorgio
Dr De Rose Franco
Dr Simonato Alchiede
Clinica Urologica - Genova
DrGiuliani Luciano
pubblicazione 1998
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