L'AMORE AI TEMPI DELL'AIDS

Mercoledì 03 Maggio 2006 10:51
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Se lo si chiedeva agli adulti, quando andava bene ti strizzavano l’occhio con fare misterioso, ma in ogni caso non ti spiegavano niente.
Si trattava naturalmente dei preservativi, che all'epoca venivano pubblicizzati solo come mezzo di protezione contro le malattie veneree, nei rapporti con le prostitute. Per molti anni, infatti, erano restate in vigore le leggi fasciste "a difesa della razza" che proibivano la pubblicità ai mezzi anticoncezionali.
Il nome Hatù , per me era anche legato ad un altrettanto misterioso prodotto, del quale vedevo le scatole in farmacia ed erano le “tettarelle”; solo in seguito, ho appreso che sono i cicciotti di gomma da applicare al biberon ; ma il nome aveva assonanza con altre parole proibite dell’universo immaginario dei maschietti dell’epoca. In seguito ho anche letto che il nome Hatù deriverebbe da una frase latina, “HA-bemus TU-torem” che significa appunto “Abbiamo un difensore”.
Circolavano inoltre, tutta una serie di battute e barzellette, relative all’acquisto in farmacia di preversativi, e si metteva in evidenza l’imbarazzo di chi lo faceva. Si mitizzava che i preservativi fossero prodotti in varie misure, e che ci fossero uomini così dotati da non riuscire a trovare la misura adatta.
Contribuiva ad aumentare quest'atmosfera il fatto che, a Genova, i preservativi erano venduti, oltre che in farmacia, anche nella zona del porto, dove c'erano le prostitute, sulle bancarelle di Via Prè, assieme alle sigarette di contrabbando, ed altre merci di provenienza americana, allora introvabili nei negozi.
Un aneddoto storico, indicativo della mentalità preservativo = rapporti con prostitute, riferirebbe di un telegramma inviato a Mussolini durante l'espansione coloniale italiana, il cui testo dovrebbe essere più o meno il seguente: "Su Bengasi sventola il tricolore, spedite preservativi".
Tutto questo va avanti per molti anni, rafforzando il collegamento tra l'uso dei preservativi e la frequentazione delle prostitute, finché, negli anni sessanta, un genio della pubblicità inventa lo slogan "Pianificazione familiare".
Slogan rivoluzionario, perché si abbina per la prima volta, l'uso dei preservativi ad una parola seria come "famiglia"; inoltre si evita, per non urtare troppo l'Italia cattolica, di parlare di "controllo delle nascite" e si sostituisce a questo concetto quello della "pianificazione", che rimanda a scelte razionali e non emotive.
La situazione attuale, all'apparenza, é radicalmente cambiata; mentre scrivo queste note, un diffusissimo giornale, ha inserito un preservativo in omaggio nel numero di questa settimana.
Da anni inoltre, nelle pubblicità su stampa e televisione, si abbinano le immagini di una sana sessualità giovanile, con l'invito ad usare il preservativo.
Gli stessi messaggi pubblicitari sono profondamente cambiati; l'immagine del preservativo viene adoperata per attirare l'attenzione, anche da parte di chi, come il fotografo Oliviero Toscani, che lavorava per la Benetton, dovrebbe propagandare l'abbigliamento.
L'eventuale imbarazzo nell'acquisto dovrebbe essere scomparso, visto che i preservativi adesso si vendono anche al supermercato, negli autogrill delle autostrade, attraverso le macchine distributrici e in tutta una serie di altri negozi. Tutte queste considerazioni diventano importanti perché con l'arrivo dell' AIDS nelle nostre vite, l'impiego del preservativo riacquisisce drammaticamente il ruolo della difesa della salute: usarlo o non usarlo costituisce una scelta tra la vita e la morte.
In questo senso sono state numerosissime, in tutto il mondo, le campagne informative messe in atto dai singoli Stati e dalle organizzazioni internazionali. Nonostante questo, il numero degli ammalati di AIDS, continua ad aumentare. E non si tratta solo di tossicodipendenti; aumenta di continuo anche il numero di persone eterosessuali che contraggono la malattia a causa di rapporti sessuali non protetti.
Alla luce di questi fatti, ciascuno di noi dovrebbe cercare di comprendere perché vengono messi in atto questi comportamenti ad alto rischio; quali sono le motivazioni che impediscono l'uso del preservativo; perché non abbiamo il coraggio di consigliare ai nostri figli di farlo; quali sono i moralismi che ci impediscono ancora adesso di fare una cosa così semplice; insomma, che cos'è che ci fa' scegliere la morte anziché la vita.

Roberto VINCENZI -psicologo - psicoterapeuta
Via Cairoli 11/4 Genova
pubblicazione del 2000