L'ANZIANO E IL SUO MONDO AFFETTIVO

Mercoledì 21 Giugno 2006 12:21
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Poiché, insieme all' esperienza erotica in senso stretto, ci si lascia alle spalle una via senza uscita, anche se certamente meravigliosa, dove non c'è posto che per due persone una a fianco all'altra, per inoltrarsi invece in una distesa incommensurabile, la distesa di cui faceva parte anche l'infanzia e che abbiamo dovuto dimenticare solo per un breve periodo."
Lou Andreas Salomé
( Da: "Eros e conoscenza. Lettere tra Freud e Lou Andreas Salomé 19/2-1936"
Bollati Boringhieri Torino /990)

Fin dalle sue origini, la psicoanalisi ha dedicato il massimo dell'attenzione ad una delle più importanti caratteristiche dell' essere umano, l'espressione dell' affettività.
Se Freud ne ha trovato il fondamento nell' impulso sessuale, la riflessione psicoanalitica ha sottolineato in seguito il nostro bisogno originario di creare relazioni emotivamente significative con gli altri, bisogno che è presente fin dalla nascita e che rimane immutato per tutta la vita pur manifestandosi nelle forme più diverse. Una di queste forme, forse la più intensa, è la sessualità, che è aspetto imprescindibile della vita dell'individuo fin dal suo nascere, ma si evolve e giunge a matura­zione dall'adolescenza in avanti, diventando parte integrante del modo di vivere e di relazionarsi di ogni individuo. Osservando i modelli, le mode, gli stereotipi che attraversano la nostra società, risulta evidente che diventare vecchi è una fase della vita che oggi non viene facilmente accettata, né a livello sociale, né a livello individuale. Non stupisce perciò che esistano pesanti pregiudizi, se non addirittura una vera e propria ostilità, nei confronti della sessualità dell' anziano da parte della società, pregiudizi ed ostilità tradotti talvolta in un vero e proprio divieto sociale, o comunque nell'opinione che un graduale declino della potenza sessuale negli uomini (andropausa) e nelle donne (menopausa) porti ad una cessazione delle relazioni sessuali soddisfacenti con l'avanzare degli anni.
Senza entrare più di tanto nel merito, questo atteggiamento rimanda da un lato a leggi spietate sul susseguirsi delle generazioni, secondo le quali ognuno deve stare al suo posto e deve cedere il passo a chi viene dopo, dall'altro può essere letto alla luce del mito onnipotente che impone di restare per sempre giovani e, possibilmente, di non essere mai malati o morenti. A noi interessa, però, sottolineare che sono gli stessi anziani ad accettare questa visione, andando contro quello che è un loro sentire più profondo; ci interessa, cioè, mettere in risalto la percezione molto contraddittoria che gli anziani hanno di sé, e che risulta evidente riguardo ai modi di esprimere l'affettività e soprattutto la sessualità.
Succede infatti che, con l'avanzare dell' età e l'entrata in pensione, gli anziani si ritrovino spesso anche privati del prestigio sociale, del potere economico e del ruolo di un tempo, accanto alla diminuzione evidente di vigore, forza, prestanza fisica, bellezza, e che questo declino fisico e sociale possa farli sentire sessualmente inadeguati; di contro, però, hanno una precisa consapevolezza del valore della loro esperienza, di quanto hanno appreso su di sé e sul mondo durante tutta la loro vita. Inoltre, sono gli stessi anziani a sottolinearlo, le loro capacità affettive, relazionali, come il bisogno di amare e di essere amati, non sono di certo inferiori a quando erano giovani. Da una parte, quindi, un sentimento soggettivo, di esigenze d'amore, di potenzialità affettive, dall'altra l'impotenza, il decadimento fisico e tutti gli stati d'animo che comportano: qui, forse, il vero dramma dell'anziano, qui il nucleo del problema del mondo affettivo e relazionale della tarda età.
Nella relazione d'amore ognuno di noi cerca di far emergere dentro di sé quello che la psicoanalisi chiama "l'oggetto buono interiorizzato", cioè tutti i buoni sentimenti che siamo capaci di provare, impregnati della sicurezza, fiducia, certezza di fondo forniti dalla prima relazione in assoluto di cui abbiamo fatto esperienza, quella con la madre, tutti quei sentimenti, cioè, che ci permettono ogni volta di entrare in contatto positivo con la realtà ritrovando la nostra dimensione creativa, la dimensione dell'amore, la sola che motiva alla crescita, alla conoscenza, alla costruzione di qualcosa.
Ma se, per i più diversi motivi, quella esperienza primaria con i genitori ha bloccato la possibilità di far sorgere dentro di noi il momento dell'amore, ha bloccato allora anche la possibilità dell 'incontro autentico con l'altro, privilegiando un atteggiamento rivolto alla ricerca di relazioni più superficiali, legate al successo, al potere, al denaro, in sostanza, non all' affettività.
Ora, in età avanzata, la storia relazionale che ognuno di noi si porta dentro si ripresenta, esattamente come è stata vissuta nel passato: se si è saputo percorrere le strade della ricerca di relazione affettive ed autentiche, lo si potrà continuare su questo cammino; se invece, per qualsivoglia ragione, l'amore non ha potuto prevalere, questo atteggiamento si manifesterà in tutte le sue forme e talvolta con tutta la sua violenza, come avversione nei confronti dei giovani, rabbia nei confronti del mondo, disperazione nei confronti della vita, rancore per il compagno o la compagna ...
In questa fase del ciclo vitale, affettività, amore, sessualità possono dunque, con la loro intrinseca carica, infondere nuova linfa vitale ad un'esistenza già al tramonto, ma possono anche esercitare una forza disgregante sulla possibilità di una loro realizzazione. Infatti, il pensiero della morte senz'altro più vicina può conferire all'affettività e all'amore il carattere o di un'esperienza estrema, se vogliamo di un 'ultima occasione da valorizzare, o di una rinuncia, di un definitivo annullamento di sé e, quindi, anche delle possibilità di relazioni con gli altri.
Da che cosa può dipendere la scelta dell'una o dell'altra strada?
Ad una lettura più profonda, constatare che si è giunti alla terza età pone l'individuo in una pesante crisi esistenziale; come ogni crisi della vita, anche questa, forse più delle precedenti, porta con sé momenti che riattivano conflitti non risolti, ansie, depressioni, lutti, bisognosi di un 'ulteriore elaborazione per poter operare nuove scelte, individuare nuove direzioni, per poter, in definitiva, completare la propria identità.
Tutto questo non è semplice, e, come in ogni momento di passaggio, a volte richiede un sostegno, un vero e proprio aiuto esterno, per arrivare ad accettare i propri limiti, ora accentuati e definiti dal trascorrere del tempo, dall' idea della morte imminente e della responsabilità della propria vita passata.
La plasticità della vita psichica, ben maggiore di quella fisica, permette di poter affermare che, anche se si è giunti alla terza o quarta età, non tutto è perduto. Il mondo interno affettivo, infatti, non è un retaggio immutabile che vincola al passato, ma mantiene attiva la possibilità di elaborare e di integrare i sentimenti di odio e di amore nei confronti delle persone che hanno assunto e che assumeranno un ruolo significativo nella propria vita. Anche se un individuo ha dovuto vivere esperienze traumatiche, un' infanzia infelice, se, in generale, non è riuscito a introiettare sentimenti di fiducia rispetto alle relazioni affettive, può comunque intraprendere questo cammino adesso, da anziano, facilitato, forse, dall'urgenza del minor tempo a disposizione, che consente di sfrondare da sé e dalle proprie esperienze tanti atteggiamenti inutili e superficiali.
Spesso, ad esempio, si può osservare che nella vecchiaia ognuno recupera un po' della dimensione accantonata dell'altro sesso: pensiamo al piglio più direttivo, più deciso, che la donna in età avanzata per lo più assume rispetto a prima, mentre negli uomini anziani emerge una maggiore passività, un atteggiamento più bonario.
Questo, è vero, può turbare: gli uomini possono spaventarsi per l'emergere in loro di un lato "femminile" sconosciuto ed estraneo fino ad allora; le donne anch'esse possono sentirsi nel profondo preoccupate da questo aspetto finora nascosto, più maschile, più aggressivo, più competitivo. Ma riuscire ad accedere e ad integrare in sé questi nuovi aspetti, consente di aprire orizzonti relazionali e di recuperare dimensioni affettive, permettendo anche un modo più profondo di esprimere la sessualità.
La sessualità, infatti, perde il carattere di scarica di tensioni ormonali, come nei decenni precedenti, e diventa un modo di avvicinarsi all'altro in forme più autentiche, accettando di ricevere ma concedendosi anche di dare, di essere autonomo ma anche di dipendere. L'amore può così diventare molto più espressione di passione, affetto e lealtà, ma anche affermazione del valore di sé, del proprio corpo e delle sue funzioni.
Pur arrivati alla vecchiaia è dunque possibile affermare ancora una volta la vita come continua ricerca di crescita e, nonostante tutto, di interazione tra vita affettiva ed esperienza sessuale.

Walter MACHET
Gisella TROGLIA
Psicologi Psicoterapeuti
pubblicazione del 2001